venerdì 18 maggio 2012

“Le mani vogliono vedere, gli occhi vogliono accarezzare”




(...) doversi porre in relazione con la realtà produttiva e sociale del territorio, 
partendo dai bisogni formativi dei bambini della scuola dell’infanzia che deve trovare nel fare l’elemento fondante di qualsiasi apprendimento. 

In questa direzione si è individuata nella bottega artigiana, la realtà esperienziale dove realizzare il percorso per “Fabbricando 2012” ; infatti, la bottega artigiana, da sempre, è luogo deputato all’uso delle mani e di materiali ricchi di valenze percettive, informazioni e possibilità espressivo- creative. 




“ (…) dove sarrebono le istituzioni de dottrine, le invenzioni de discipline, le congregazioni de cittadini, le strutture de gl'edifici et altre cose assai che significano la grandezza et eccellenza humana et fanno l'huomo trionfator veramente invitto sopra l'atre specie? Tutto questo, se oculatamente guardi, si riferisce non tanto principalmente al dettato de l'ingegno quanto a quello della mano, organo degli organi". (Giordano Bruno, Cabala del cavallo pegaseo, 1585)




“(...) lo sguardo provoca una sinestesia, una indivisione dei sensi…che accomunano le loro impressioni in modo tale da poter attribuire all’uno, poeticamente, quanto accade all’altro (…): tutti i sensi possono dunque “guardare”, e, inversamente, lo sguardo può sentire, ascoltare, tastare, ecc. Goethe: “Le mani vogliono vedere, gli occhi vogliono accarezzare”. (Roland Barthes, Dritto negli occhi, pp. 302-303).


Ho solo le dita con cui toccare, fare, plasmare. In modo approssimativo, incerto, grezzo. “La mano, secondo questa idea, non coglie un limite ma vive un limite: deve tastare per successioni un mondo che non conosce nella sua interezza e mai completamente. La mano è senso del limite perché ristretto è il suo raggio d’azione e deficitaria la sua forma di conoscenza.”
(Marco Mazzeo, Tatto e linguaggio. Il corpo delle parole, Editori Riuniti, 2003, p.130)



“(…) la cosa afferrata conferma la mano, la incurva, le crea quel vuoto che è il suo vuoto di impiego e lo spazio dei suoi paraggi corporei; la mano plasma la cosa, le assegna confini definiti e un percorso di infiniti possibili afferramenti: afferramenti “conoscitivi”, “euristici”, cioè aperti alla scoperta del mondo” (Carlo Sini., Idoli della conoscenza, Cortina, 2000, p. 73).




Materia scritta

Un giorno di lavoro in cantiere: sposto per le giuste ore molte lastre di marmo destinate a un pavimento. Le scarico dal camion, le trasporto all’interno, mi passano per le mani molte volte. La polvere bianca, la sfarinatura del marmo, si assesta in tutti i solchi delle mani, nei pori, nelle scalfitture. A raschiarla sotto l’acqua la sera, resiste come un velo. Poi a casa mi cucino una seppia e il residuo del suo nero insegue il bianco, a ricalco, su tutta la superficie delle mani. Le risciacquo, ma non a fondo, tanto non ho da fare baciamano. Siccome ho una testa che impasta sempre parole, penso che quel nero su bianco sopra mani mie, sia scrittura: che le cose intorno scrivano sopra di me e di tutti, e nessuno sa più leggere tutta la posta che ci arriva addosso, per esempio, le gocce di pioggia sopra un vetro. Neanche i bambini lo sanno fare. Forse sapeva Adamo, quando metteva i nomi a tutte le creature. Forse non li inventava, ma li leggeva scritti su di loro, nelle orme al suolo, nei voli in cielo. E se posso fare pagine da scrittore è perché io stesso stasera sono scritto da nero di seppia e polvere di marmo, su dorso e palmo di mano. Nel disparte di un tavolo da sparecchiare, nel fiato che esala cipolla, scrivo della materia che mi ha scritto.

Erri de Luca, Alzaia, Feltrinelli, 2004 (1977), p.67






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